30 OTTOBRE 2024

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30 OTTOBRE 2024 - 09:25


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BOLOGNA: Tribunale rinvia dl 'paesi sicuri' alla corte Ue

Il Tribunale di Bologna ha rinviato alla Corte di Giustizia europea il caso di un cittadino del Bangladesh che aveva richiesto la protezione internazionale. Il quesito di base  è se debba prevalere la normativa comunitaria oppure la legislazione italiana che, con il recente decreto sui 'paesi sicuri', è intervenuto per definire con una norma primaria ciò che fino a poche settimane prima era definito da un decreto interministeriale, con l'obiettivo di rendere operativi i centri di identificazione in Albania. Il rinvio del tribunale di Bologna si configura come una richiesta di chiarimenti su due questioni. Da una parte quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti paesi sicuri e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella comunitaria. È proprio sulla definizione di "paese sicuro" che si fonda il lungo quesito che il tribunale ha inviato in Lussemburgo, entrando però anche nel merito e contestando il principio per cui potrebbe definirsi sicuro un Paese in cui la generalità, o maggioranza, della popolazione viva in condizioni di sicurezza, visto che il sistema di protezione internazionale si rivolge in particolare alle minoranze minacciate e perseguitate. Portando anche il paradosso che la Germania nazista fosse stata estremamente sicura per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca, ad eccezione di ebrei, omosessuali, oppositori politici e rom. Il tribunale chiede se, in base a questa definizione, l'ordinamento europeo continui ad essere prevalente sulla legge italiana. E fa esplicito riferimento al caso del Bangladesh, partendo proprio dal procedimento che ha innescato il rinvio, ricordando che i casi in cui si riscontra la necessità di una protezione internazionale sono legati all'appartenenza alla comunità Lgbtqi+, alle vittime di violenza di genere, alle minoranze etniche e religiose, senza dimenticare i cosiddetti sfollati climatici. Lo spirito del decreto, suggerisce il tribunale, avrebbe quindi il carattere di "un atto politico, determinato da superiori esigenze di governo del fenomeno migratorio e di difesa dei confini, prescindendo dalle informazioni e dai giudizi espressi dai competenti uffici ministeriali in ordine alle condizioni di sicurezza del Paese designato".

 




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